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Il cibo è vita, ma nutrirsi esula dal semplice soddisfacimento di un bisogno fisiologico. Mantenersi in salute richiede consapevolezza sulle sue componenti nutrizionali ma anche sul coinvolgimento della sfera emotiva per i suoi tanti aspetti simbolici e relazionali. Se ne è discusso a Orvieto in un incontro al Palazzo del popolo nell’ambito del progetto “Alimentarsi di vita” promosso dalla Fondazione Cotarella, rivolto soprattutto alle nuove generazioni e che promuove stili di vita sani dove il cibo e la natura sono centrali. Ma il tema centrale è la lotta all’anoressia, alla bulimia e agli altri disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Il fiocchetto lilla ne è il simbolo e questo colore ha illuminato la sala dove si è svolto il dibattito alla presenza del sindaco Roberta Tardani.
I relatori del convegno andato in scena ad Orvieto
A Orvieto un convegno per discutere di disturbi dell’alimentazione
Paolo Vizzari, narratore gastronomico, ha moderato il dibattito, un viaggio a più voci con molti spunti di riflessione perchè nessun caso è uguale all’altro nel campo dei disturbi alimentari ed è difficile intervenire nelle prime fasi della malattia.
«I disturbi alimentari sono una malattia dell’anima e un attacco al corpo – ha detto Laura Dalla Ragione, psichiatra e psicoterapeuta della Usl 1 dell’Umbria- perché si ha paura di vivere nel mondo. In questo momento ci sono in Italia 3.000.000 di persone che ne soffrono e la pandemia ha aggravato la situazione con un 30% in più di nuovi casi e ha abbassato l’età alla fascia pre adolescenziale (10-14 anni). Inoltre si sono manifestati esordi tardivi di adulti e alzato la percentuale di soggetti maschili (+20%). Fondamentale quindi far prevenzione per avere diagnosi precoci. Come salute pubblica e società civile c’è molto da fare soprattutto sulla sensibilizzazione e prevenzione perchè i fattori di rischio sono troppi».
Lo ha sottolineato anche Anna Ogliari, responsabile del servizio di Psicopatologia dello sviluppo presso l’ospedale San Raffaele Turro. «I pazienti – ha detto – percepiscono una specie di forza nel controllo del corpo così che, inevitabilmente, la loro intenzionalità si scontra con la cura che, in qualche modo, toglierebbe loro qualcosa. Servono strutture che siano il più possibile inclusive e rispettose della patologia, ma anche proporre un concetto di cura che includa l’empatia, l’alleanza e l’alchimia tra l’equipe medica e il paziente. Guarire dalle malattie del comportamento alimentare si può, è una cura molto lunga che in media si sviluppa da 3 a 6 anni dalla presa in carico del paziente».
Tante le storie di vita vissuta
È stato soprattutto il racconto di chi ha vissuto in prima persona il problema a coinvolgere ed emozionale il pubblico presente. Come Margherita Viccardi, membro del Direttivo dell’Associazione Mi Nutro di Vita, che ha raccontato la sua esperienza di madre con la figlia Benedetta: «Vivere accanto a una ragazza con disturbi alimentari è difficile. Non c’è un manuale, non ci sono risposte. Alcune Asl non sono preparate e non sai dove trovare risposte e quale strada prendere. Bisogna, in questo caso, avere il coraggio di chiedere aiuto a chi può dartelo, come questa di cui faccio parte. Con il supporto e il confronto si può fare perché da queste malattie si deve poter guarire».
Ma quanto i social, così presenti nella vita dei giovani, possono aiutare? Per Martina Domenicali, ora content creator e attivista per la salute mentale, lo hanno fatto. Sul tema «Un racconto di speranza attraverso i social media», ha raccontato di aver sofferto di questi disturbi dai 14 ai 20 anni, ma che determinate è stato il fatto di averli condivisi. «I media – ha detto – sono un megafono per diffondere informazioni e i social possono essere usati per lanciare un messaggio importante di speranza. Ho deciso di usarli e ho 100.000 follower, per aiutare i ragazzi e le ragazze a non sentirsi soli, per dimostrare che è possibile chiedere aiuto e ricominciare a vivere una vita meravigliosa malgrado le cicatrici».
Un momento dell’incontro
Un viaggio nel gusto per combattere i disturbi alimentari
Per Aurora Caporossi, founder & presidente dell’Associazione Animenta chi soffre di disturbi alimentari ha un profondo senso di solitudine e il rapporto con il cibo è un sintomo della malattia ma anche può far uscire il dolore e il disagio che si non si riesce a esprimere. «Nel mio percorso di cura – ha detto – è stato fondamentale riappropriarmi di un rapporto sano con il cibo e su questo è nato il rapporto con Fondazione Cotarella: da qualche mese abbiamo impostato il progetto dei laboratori di cucina presso alcuni ristoranti italiani dove, grazie al supporto di Paolo Vizzari i ragazzi malati di disturbi alimentari fanno un viaggio del gusto attraverso l’ingrediente e l’assaggio dei piatti creati dallo chef. Questa è un’esperienza importante per loro e ne abbiamo programmate altre nei prossimi mesi».
Dominga Cotarella
Ruggero Parrotto, direttore della Fondazione, nata nel 2021 per iniziativa di Dominga, Marta ed Enrica Cotarella, ha spiegato come sia importante realizzare progetti reali di prevenzione e formazione aiutando le persone a sentirsi normali, creando connessioni e sinergie con l’obiettivo di fare rete e costruire percorsi che possano supportare nel momento pre e post cura le famiglie.
A concludere l’incontro è stata la presidente Dominga Cotarella. «Il nostro scopo concreto è quello di aiutare i giovani e le famiglie a uscire dal tunnel – ha detto- e per noi, che facciamo e vendiamo vino, è una sfida pazzesca, ma le sfide servono per motivare e ti fanno scoprire cose su te stesso che nemmeno immaginavi. Vincere la sfida è l’unico modo per rendere la nostra vita illuminante e il nostro obiettivo è illuminare la vita dei giovani. Sono certa che ci riusciremo al 100%».
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