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La cataratta è una delle patologie dell’occhio più diffuse, e al contrario di ciò che generalmente si crede, non riguarda solo le persone anziane. Approfondisce l’argomento il dottor Pietro Rosetta, responsabile di Oculistica in Humanitas San Pio X e medico oculista anche presso il centro Humanitas Medical Care Murat a Milano, in un articolo di Humanitas Salute, che riportiamo qui di seguito integralmente.
Che cos’è la cataratta?
La cataratta è l’opacizzazione del cristallino, ovvero la lente che permette di mettere a fuoco le immagini sulla retina. Il cristallino si trova dietro la pupilla, tra il corpo vitreo e l’iride. Non colpisce, come forse si pensa, soltanto gli anziani, ma anche la fascia adulta (dai 45 anni di età): poiché la sua insorgenza è lenta, ma progressiva, riconoscerla precocemente permette di valutarne l’evoluzione, anche in vista di un eventuale intervento chirurgico. Per farlo, è necessario sottoporsi a visite oculistiche periodiche. Il processo di opacizzazione del cristallino può manifestarsi in differenti tipologie di cataratta, come quella corticale, nucleare, o sottocapsulare, ed evolve in stadi di opacità crescente. Vi sono poi altre situazioni che contribuiscono a differenziare la cataratta – e quindi l’intervento più indicato), come le differenti caratteristiche anatomiche del bulbo oculare (nel paziente miope, ipermetrope o astigmatico) o le concomitanti patologie oculari e sistemiche del paziente.
Cataratta, i fattori di rischio
Oltre all’età, esistono alcune situazioni in cui il “rischio” cataratta aumenta:
- Avere casi pregressi in famiglia;
- Non proteggere adeguatamente gli occhi dai raggi Uv
- Essere affetti da altre patologie oculari, come il glaucoma o l’uveite
- Aver subito traumi agli occhi o alla testa
- Diabete
- Aver effettuato terapie prolungate con farmaci (cortisonici, per esempio).
L’intervento di cataratta
«Grazie allo sviluppo tecnologico, la chirurgia per la cataratta può contare su sistemi di assistenza robotizzata che permettono di raggiungere una precisione estrema, mantenendo anche durante l’intervento condizioni oculari fisiologiche, come la pressione interna all’occhio» – spiega il dottor Rosetta – Si usano piccoli strumenti chirurgici e l’intervento procede con la frammentazione del cristallino opaco grazie a una microsonda a ultrasuoni. Dopo aver aspirato ogni residuo di frammento con un dispositivo specifico, la lente intraoculare artificiale viene impiantata, avvolta su se stessa, attraverso una microincisione, per poi aprirsi e assumere la forma desiderata all’interno dell’occhio, il tutto senza punti di sutura». L’intervento viene eseguito in anestesia topica con gocce direttamente sull’occhio.
Come avviene il recupero dopo l’intervento?
Il recupero dopo l’intervento è piuttosto rapido: a seconda del grado di evoluzione della cataratta e della risposta biologica post-operatoria, può variare dai 2 ai 10 giorni. «La presenza di fattori di rischio come la sindrome pseudoesfoliativa, la sindrome di Fuch’s o altre patologie, può cambiare i tempi di recupero. Per la buona riuscita dell’intervento è altresì estremamente importante che il paziente si attenga alle norme igieniche indicate e si sottoponga scrupolosamente alla terapia prescritta alla dimissione», conclude il dottor Rosetta.
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